Nella sentenza in epigrafe, il Collegio afferma che: “ Ai sensi dell’art. 276 cod.proc.civ., richiamato espressamente dall’art. 76 c.p.a., la decisione si compone di due parti: il dispositivo e la motivazione. Essa è adottata in camera di consiglio, seguendo uno stringente iter logico, che si conclude con la redazione e la sottoscrizione del dispositivo. La motivazione, redatta successivamente dal giudice relatore, non può essere altro che la sintesi dell’iter logico-giuridico percorso nella camera di consiglio che ha portato alla redazione del dispositivo (cfr. Cons. St., sez. V, 21 giugno 2013, n. 3404). E’ quindi evidente l’errore in cui è incorso il primo Giudice, nel frazionare la decisione, adottando il dispositivo in una camera di consiglio e ridiscutendo la motivazione in altra e successiva camera di consiglio.

Ciò nonostante ritiene il Collegio che la conformità della motivazione con il dispositivo già pronunciato, dimostri che nella specie si è verificata al più un’irregolarità del procedimento decisionale incapace come tale di determinare la nullità della sentenza, escludendo così l’operatività del rinvio ex art. 105 c.p.a., sotto il profilo della lesione del contraddittorio e della difesa. La decisione finale, infatti, desumibile dalla motivazione non si basa su argomenti “nuovi” non trattati dalle parti nel corso dello svolgimento del giudizio di primo grado, di tal che si appalesa plausibile – pur se irrituale- la tesi, sostenuta dalla società privata appellata, dell’approfondimento ulteriore che il Collegio abbia inteso svolgere, nella seconda camera di consiglio, su argomenti già trattati ed oggetto della già assunta decisione, al solo fine di arricchirne la motivazione. Leggi sentenza

 

Informazioni aggiuntive