Il collegio, prendendo le mosse da consolidata giurisprudenza, (già sotto l’imperio della l. 1089/1939 ed ancora di recente (cfr. per tutti, Cons. St., VI, 1° marzo 2005 n. 805; id., 28 gennaio 2016 n. 334) ha rilevato: “ che, ai fini della tutela vincolistica archeologica, l'effettiva esistenza delle cose da tutelare può esser dimostrata anche per presunzione, essendo a tal scopo non rilevante ex se che i materiali da tutelare siano stati già portati alla luce o siano ancora interrati. A tal riguardo, infatti, basta che il complesso delle aree archeologiche risulti adeguatamente definito e che la misura adottata col vincolo appaia adeguata alla finalità di pubblico interesse cui esso è preordinato. Inoltre, la Sezione ha precisato esser misura proporzionata e congruente con i predetti scopi l’apposizione del vincolo archeologico, quale misura di tutela complessiva di un’area abitata nell'antichità, anche se non cinta da mura, giacché le esigenze di salvaguardia concernono non solo i reperti in sé e solo se addossati gli uni agli altri, ma tutta la complessiva superficie destinata in illo tempore all'insediamento umano (arg. ex Cons. St., VI, 29 gennaio 2013 n. 522; id., 9 aprile 2013 n. 1906; cfr. pure id., 15 dicembre 2014 n. 6152, sulla legittimità di sottoporre a vincolo archeologico un'intera zona, considerata come complesso archeologico, purché dalla motivazione del relativo atto e dall'attività istruttoria svolta emergano le concrete ragioni che giustificano la valutazione unitaria di tale area)”. Leggi sentenza

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